Il bullismo è un fenomeno molto diffuso soprattutto nelle scuole e negli spazi di incontro dei giovani, che non va confuso con i normali litigi che possono verificarsi tra coetanei, in quanto questi hanno la caratteristica di essere occasionali. Esso consiste in una serie di azioni intenzionali di sopruso ripetute nel tempo messe in atto da uno o più “bulli” nei confronti di una “vittima”, ovvero un bambino o adolescente incapace di difendersi. Ciò che caratterizza il bullismo è, pertanto, un inequivocabile squilibrio di potere tra chi compie il gesto e chi lo subisce. Una delle forme più recenti di bullismo, nata soprattutto dalla crescente diffusione della rete internet, è il cosiddetto “Cyberbullismo” in cui le azioni si diffondono attraverso strumenti e dispositivi quali lo smartphone, i social network, le applicazioni di messaggistica e le chat che consentono di diffondere immagini, video e messaggi imbarazzanti alla massima velocità mantenendo l’anonimato. Sia che si parli di bullismo “convenzionale” sia che si tratti di Cyberbullismo, una delle maggiori criticità per la vittima è quella di uscire dalla situazione di “silenzio” e vergogna e parlare del proprio problema con gli adulti di riferimento. Nella maggioranza dei casi infatti, la condizione di sopruso viene vissuta con un grande senso di colpa da parte della vittima, che può iniziare ad avere una scarsa autostima, un’opinione di sé come “persona non degna”, fino a sperimentare problematiche collaterali quali attacchi d’ansia, forme di depressione, disturbi somatici come mal di pancia e mal di testa, disturbi alimentari e problemi del sonno. Tuttavia, c’è una forma di bullismo ancora poco conosciuta che implica il ruolo degli adulti. Se da un lato i genitori fanno del loro meglio e cercano di trasmettere ai figli i valori appresi a loro volta, il clima educativo che un bambino o un adolescente vive in famiglia può facilitare la crescita di figli che possono ricoprire i ruoli di bullo e vittima. Il “bullismo genitoriale” spesso, è infatti solo la replica di un copione “educativo” disfunzionale appreso nella propria famiglia d’origine durante l’infanzia. Nonostante rendersi conto del proprio stile educativo per i genitori possa non essere facile, porsi il problema e fare attenzione ai propri comportamenti e atteggiamenti coi figli, è il primo passo necessario per il cambiamento. Un aiuto concreto può essere fornito da esperti con l’obiettivo di aiutare il genitore a imparare a stabilire regole in modo cooperativo, senza punizioni o minacce, senza prevaricazioni, creando un ambiente relazionale accogliente e comunicativo, ovvero adottare uno stile educativo che sia né autoritario, né permissivo ma autorevole. D’altro canto il confronto con un esperto può aiutare il bambino o l’adolescente ad accrescere la fiducia nelle proprie capacità, ad aumentare l’autostima, spesso carente non solo nella vittima ma anche nel bullo, e contribuire alla promozione delle risorse e delle potenzialità dei ragazzi in una fase delicata come quella dello sviluppo incentivando attività di collaborazione tra i giovani.