La parola “guerra”
Ci sono domande di fronte alle quali non possiamo rimanere in silenzio, soprattutto se a farle sono i bambini.
Saper accogliere il dubbio e avere strumenti idonei per raccontare i fatti nel modo giusto, è un compito di fronte al quale noi adulti non possiamo sottrarci.
In questo periodo molti bambini hanno imparato cosa significhi la parola “guerra”.
Alcuni, purtroppo, vivendola in prima persona, altri, vedendo tutto ciò che i Mass Media ci propongono: immagini, filmati, notizie, testimonianze.
Ma è giusto parlare di “guerra” coi bambini? In che modo?
Il termine stesso suscita emozioni molto forti di paura, angoscia, rabbia e tristezza.
Tutte emozioni che i bambini hanno già sperimentato nella loro vita, anche se in situazioni diverse; proprio per questo motivo, secondo gli esperti, è sempre preferibile utilizzare il termine “guerra” nella sua accezione nuda e cruda.
Per fare ciò è importante rispettare il nostro interlocutore e accogliere il dubbio e la domanda con un atteggiamento empatico. Potrebbe essere utile, per noi adulti, immedesimarci in lui, magari pensando a una situazione che da piccoli ci ha spaventati; solo attraverso il recupero di quell’emozione, possiamo riuscire a capire meglio quali sono i pensieri e gli stati d’animo del nostro bambino.
Inoltre, è importante riportare la verità senza lasciare troppe cose in sospeso in quanto il rischio è che l’immaginazione infantile, per natura molto vasta, rischi di trasformare le informazioni spesso false e ridotte, in sentimenti come il senso di colpa, fino a creare scenari che possono essere addirittura peggiori della realtà.
Raccontare la guerra ai bambini molto piccoli
Non tutti i bambini recepiscono le informazioni alla stessa maniera, soprattutto se l’età è diversa.
Un bambino delle scuole Elementari è in grado di comprendere cosa sta succedendo all’esterno, ma è ancora molto immaturo quindi, prendendo come esempio il conflitto attuale, è necessario spiegare che un Paese ha invaso un altro Paese e che questo sta causando tristezza e sofferenza visto che le persone non possono fare quello che facevano prima.
Utilizzare un libro illustrato o un racconto può essere d’aiuto per partire da uno strumento creato apposta per lui o in alternativa, può essere necessario utilizzare una storia scritta dal bambino stesso.
Così facendo, possiamo insegnargli che anche lui può contribuire alla pace, magari chiedendo scusa all’amichetto col quale discute spesso o evitando di prendere in giro i compagni di scuola.
Raccontare la guerra ai bambini più grandi
Con i bambini più grandi, è opportuno affrontare l’argomento iniziando a spiegare le ragioni (se di ragioni si può parlare) del conflitto, riportando proposte alternative alla guerra come esempi di pace o situazioni in cui, a seguito di un’azione bellica, si è arrivati a un compromesso tra le parti.
Inoltre, dare spazio alle testimonianze dei coetanei può avere un grande impatto perché possono servire a comprendere meglio ciò che sta succedendo, sfruttando la capacità di immedesimazione e l’empatia.
Tutto ciò insegna al bambino a trattare il prossimo anche a partire da eventi di vita quotidiana mettendo sempre in evidenza l’importanza di raggiungere uno stato di pace una volta terminato lo scontro.
Come gestire le emozioni dei bambini
Amare e rispettare un bambino vuol dire, innanzitutto, insegnargli a sperimentare tutte le emozioni, anche quelle che solitamente, cerchiamo di evitare perché considerate negative come la rabbia, la tristezza e la paura.
Se dovessimo notare che, dopo aver narrato al bambino alcuni eventi dolorosi, egli inizia ad avere crisi di ansia, episodi di paura o tristezza estrema, è fondamentale fargli capire che tutto ciò che sta provando è normale e, stargli vicino attraverso gli abbracci e la rassicurazione; fondamentali per fargli capire che noi siamo lì per sostenerlo.
Aiutare un bambino a esprimere in maniera corretta la sofferenza e darle un senso è la cosa più sensata e responsabile che un adulto possa fare.